
Gentile Garante,
le scriviamo per esprimere una preoccupazione profonda e crescente rispetto alla diffusione, nel linguaggio pubblico e nelle pratiche educative, di modelli e messaggi che tendono a normalizzare la guerra e a legittimare il militarismo come orizzonte culturale anche per le bambine e i bambini.
Siamo donne in tante realtà italiane nella promozione e diffusione dei principi sanciti dalla nostra Costituzione che all’articolo 11 ripudia la guerra come strumento di offesa e di risoluzione dei conflitti internazionali.
E’ da questa prospettiva che nasce la nostra inquietudine di fronte a iniziative che propongono la guerra come spettacolo, la divisa come modello, le armi come gioco, come è avvenuto nel cosiddetto “Villaggio dell’Esercito”, allestito dal 2 al 5 ottobre a Palermo in piazza Politeama, trasformata in un grande spazio promozionale delle forze armate.
Sui giornali e sui social abbiamo visto circolare immagini di bambine e bambini che imbracciano armi, salgono su mezzi bellici: immagini che, dietro la forma ludica della curiosità e dell’intrattenimento, introducono l’infanzia a un immaginario di guerra presentato come normale, innocuo, persino desiderabile.
Sappiamo inoltre che eventi simili si sono tenuti in altre città italiane, con modalità analoghe.
Esporre l’infanzia al linguaggio e ai simboli della guerra, anche sotto le vesti del gioco o della festa, significa introdurre la violenza come linguaggio accettabile e rinunciare all’educazione alla pace che non si insegna attraverso l’esaltazione delle armi, ma attraverso la cura, la cooperazione, la responsabilità condivisa.
Anche la Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza richiama con forza questi principi: dove afferma che ogni bambino/a ha diritto a un’educazione orientata alla pace, alla solidarietà e alla comprensione fra i popoli, al gioco libero da violenza e condizionamenti ideologici.
Per queste ragioni, le rivolgiamo un richiamo al ruolo istituzionale che le è affidato, chiedendo che episodi come questo vengano riconosciuti nella loro gravità simbolica ed educativa e considerati in contrasto con la tutela dei diritti dell’infanzia.
Difendere l’infanzia significa difendere la possibilità stessa di un futuro di pace. Significa riconoscere che la cultura della cura, della relazione e della responsabilità condivisa è la sola via capace di generare sicurezza autentica, dentro e fuori di noi.
Ed è a questa sicurezza, non a quella delle armi, che vogliamo continuare ad educare.
10 100 1000 Piazze di Donne per la Pace

