Come si ricorderà, nel mese di ottobre, in diverse scuole torinesi, attivisti di Gioventù Nazionale (l’organizzazione giovanile di Fratelli d’Italia) hanno tentato di diffondere volantini contro “la cultura maranza” contenenti messaggi di odio contro minoranze indicate come incompatibili con i valori nazionali. In alcuni casi, come al Primo Artistico, la provocazione è stata impedita da studenti e docenti, mentre al Liceo Einstein è stata protetta dalla polizia in tenuta antisommossa che ha “fermato” uno studente quindicenne, ammanettandolo e portandolo in questura. L’episodio è stato considerato particolarmente grave dalle associazioni della società civile e dai sindacati, che hanno manifestato pubblicamente la loro solidarietà, e ha suscitato forte indignazione per l’evidente volontà di intimidire un movimento studentesco apertamente schierato per la Palestina e contro le politiche di riarmo. Il Coordinamento Antifascista Torinese, in contatto con studenti e genitori, ha avviato un confronto anche al fine di rendere pubblica e visibile la solidarietà verso le nuove generazioni che si affacciano alla politica, dando voce alla comunità scolastica (famiglie, insegnanti e sindacati) e avviando una riflessione sulle forme con cui contrastare i tentativi fascisti di diffondere messaggi di odio e islamofobia soprattutto in scuole e zone della città, come Barriera di Milano, dove è consistente la presenza di allieve/i di seconda generazione.
Ne parleremo nella assemblea cittadinaFascisti in Barriera. Il caso Einstein e non solo convocata dal Coordinamento Antifascista Torinese che si terrà il 12 dicembre alle 18.30 in via Baltea 3. La Scuola per la pace sarà presente e invita a partecipare e diffondere questo messaggio e la locandina qui sotto
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La Scuola per la pace di Torino e Piemonte esprime solidarietà a Mohamed Shahin, cittadino egiziano con regolare permesso di soggiorno, imam della moschea Omar Ibn Al Khattab di San Salvario, riferimento per la comunità cittadina e attivista di Torino per Gaza. A Shahin è stato revocato per motivi di sicurezza il permesso di soggiorno, prelevato da casa propria, spedito in un centro per il rimpatrio (CPR) in Sicilia. Su di lui pende ora la possibilità di essere espulso in Egitto dove, in qualità di oppositore politico, rischia galera, torture e morte.
Quale la colpa di Shahin? Aver espresso la legittimità della resistenza palestinese all’occupazione e al genocidio di Gaza con le sue parole e la sua presenza in piazza. Non vogliamo entrare nel merito di queste accuse. Vogliamo invece affermare che il trattamento riservato a Shahin è degno di uno stato totalitario e non di uno stato di diritto, quale ancora è l’Italia.
Secondariamente, Shahin ha lottato con passione contro il genocidio ma non ha mai mostrato odio o disprezzo per la vita umana, come dimostra il suo impegno nel dialogo interreligioso.
Terzo, assistiamo ormai da settimane a una sorta di rappresaglia e di vendetta, da parte del governo e del ministero dell’interno, nei confronti degli attivisti della sollevazione popolare contro il genocidio in Palestina.
Continuiamo a difendere lo stato di diritto, la Costituzione e la pace che in questa come in altre occasioni è l’unica bussola che guida la nostra azione.
Shahin sappia che la sua lotta per la libertà personale è anche la nostra lotta.
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Il disegno di legge Gasparri 1627, ora in corso di esame al Senato, intitolato Disposizioni per il contrasto all’antisemitismo e per l’adozione della definizione operativa di antisemitismo, che equipara antisemitismo, antisionismo e critiche a Israele e commina pene detentive a coloro che, con parole e/o azioni, contravvengono a questa formulazione, è il frutto di una lunga storia che va tenuta presente per comprendere le modalità dell’attuale repressione nei confronti di coloro che, in Italia e nel mondo, manifestano la propria opposizione al genocidio, all’occupazione e all’apartheid in Palestina. In estrema sintesi, si tratta di una vera e propria controffensiva ideologica sionista innescata all’inizio degli anni Duemila dal governo israeliano, in particolare dal Ministero della Diaspora, con l’obiettivo di attivare azioni diplomatiche efficaci per far accogliere dall’opinione pubblica internazionale i due concetti complementari di “Israele come Ebreo collettivo” e di “nuovo antisemitismo”, equiparato all’antisionismo, al fine di silenziare le critiche a Israele per la sua brutale occupazione e per il mancato rispetto dei diritti umani nei confronti dei palestinesi. Su queste basi, nel 2016 venne approvata la definizione operativa, non giuridicamente vincolante, di antisemitismo dell’IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance) e diversi paesi europei (Regno Unito, Germania, Austria, Francia) la integrarono nelle loro legislazioni dando il via a una serie di azioni di denuncia e censura nei confronti del movimento BDS, di attivisti, intellettuali e artisti. Il governo italiano ha adottato la definizione IHRA nel 2020 e ha pianificato due strategie nazionali di lotta all’antisemitismo nel 2021 e nel 2025. Attualmente il disegno di legge Gasparri propone di passare dalla adozione della definizione IHRA alla sua approvazione per legge rendendo penalmente punibile (fino a sei anni di carcere) il reato di antisemitismo, cioè la “la propaganda, l’istigazione o l’incitamento (che) si fondano, in tutto o in parte, sull’ostilità, sull’avversione, sulla denigrazione, sulla discriminazione, sulla lotta o sulla violenza contro gli ebrei, i loro beni e pertinenze, anche di carattere religioso o culturale, nonché sulla negazione della Shoah o del diritto all’esistenza dello Stato di Israele o sulla sua distruzione”. Aggravante è considerato “l’uso, in qualsiasi forma, di segni, simboli, oggetti, immagini o riproduzioni che esprimano, direttamente o indirettamente, pregiudizio, odio, avversione, ostilità, lotta, discriminazione o violenza contro gli ebrei, la negazione della Shoah o del diritto all’esistenza dello Stato di Israele”. Già solo uno slogan come “Palestina libera dal fiume fino al mare” o una carta geografica della Palestina su una t-shirt o su un cartello possono essere intesi come propaganda che nega il diritto all’esistenza di Israele o allude alla sua “distruzione”, dunque punibili per legge. L’articolo che segue nasce dall’esigenza di comprendere e divulgare, pur senza pretese di completezza, alcuni aspetti del percorso che ha portato l’attuale governo a una tale proposta di legge e di ipotizzare alcune linee di interpretazione politica e di contrasto per contribuire al dibattito pubblico. La militarizzazione riveste in questa storia un ruolo cruciale, in quanto è al generale di corpo d’armata dei Carabinieri Pasquale Angelosanto, dal 2017 al 2023 comandante del Reparto Operativo Speciale dei Carabinieri (ROS) con competenze sulla criminalità organizzata e sul terrorismo, nominato nel gennaio 2024 dall’attuale governo, che è affidato il ruolo di Coordinatore nazionale della Strategia nazionale per la lotta all’antisemitismo, ed è alle Forze Armate e alle Forze dell’Ordine che è affidato il contrasto al “nuovo antisemitismo”, cioè la repressione politica e culturale di coloro che nelle scuole, nelle università e nelle piazze sottopongono a esame critico e denunciano il colonialismo e le politiche razziste e genocidarie dello stato di Israele dalla sua nascita a oggi.
Maria Teresa Silvestrini
ARTICOLO: Il disegno di legge Gasparri: hasbara e israelizzazione per la assimilazione delle coscienze e la repressione del dissenso
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All’IIS D’Adda di Varallo venerdì 21 novembre è stata allestita la mostra fotografica C’era una volta Gaza a cura di Paolo Trainito. La presentazione è avvenuta in occasione di un’assemblea studentesca, durante la quale le ragazze e i ragazzi hanno proposto riflessioni, letto poesie e ascoltato l’intervento del fotoreporter. Sulla base della sua esperienza avuta a Gaza nel 2022, Trainito ha restituito frammenti di vita, sguardi e speranze, aprendo l’obiettivo sulla dignità, la forza e la resistenza di un popolo che non può essere raccontato solo attraverso il dolore del genocidio. A visitare la mostra anche le classi dell’IPSEOA G. Pastore di Varallo. Presente all’iniziativa una rappresentante del MIR Borgomanero. Nella cittadina valsesiana, sempre venerdì 21, di sera, il prof. Claudio Carofiglio, docente del D’Adda con trascorsi come cooperante volontario in Palestina, ha presentato un excursus sulle ragioni storiche dell’oppressione sionista contro le comunità di Gaza e della Cisgiordania.
Ha organizzato la locale sezione ANPI.
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La Scuola per la pace Torino e Piemonte e il Comitato Un aiuto per la Palestina invitano a una serata di solidarietà per Gaza che si terrà venerdì 19 dicembre, dalle ore 17, nei locali di Pais in Corso Casale 97, Torino. Dopo la presentazione del libro di Naim Abu Saif, L’ultimo respiro di Gaza, ci sarà l’Hasta Palestina Siempre e a seguire un apericena arabo-palestinese.
Vi aspettiamo numerosi!
Naim Abu Saif
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La Scuola per la pace Torino e Piemonte ha inviato alle/gli europarlamentari italiani la lettera aperta del movimento internazionale Stop ReArm Europe per esprimere il profondo dissenso della popolazione nei confronti dell’economia di guerra e delle politiche di riarmo e chiedere, alla vigilia del voto sul bilancio UE 2026 e di altre importanti discussioni e votazioni che avranno luogo prossimamente, di fare tutto il possibile per evitare il previsto, ingente e scandaloso trasferimento di risorse alla spesa militare. La lettera è anche una rigorosa agenda politica sulle sfide del prossimo periodo legate al riarmo e suggerisce una serie di passi e di azioni concrete per contrastare le politiche di riarmo.
Chiediamo a tutte e tutti di impegnarsi per divulgare la lettera aperta, qui allegata in versione inglese e italiana, attraverso siti e canali social come un primo passo per prendere voce e parola prima dello sciopero del 28 novembre, della manifestazione del 29 novembre e dello sciopero del 12 dicembre.
La lettera può essere inviata alle/gli europarlamentari da associazioni e organizzazioni.
Ci opponiamo ai piani dell’UE di spendere altri 800 miliardi di euro in armi. Saranno 800 miliardi di euro rubati. Rubati ai servizi sociali, alla sanità, all’istruzione, al lavoro, alla costruzione della pace, alla cooperazione internazionale, a una transizione giusta e alla giustizia climatica. Ne beneficeranno solo i produttori di armi in Europa, negli Stati Uniti e altrove. Renderanno la guerra più probabile e il futuro meno sicuro per tutti! Genererà più debito, più austerità, più confini. Approfondirà il razzismo. Alimenterà il cambiamento climatico. Non abbiamo bisogno di più armi; non abbiamo bisogno di prepararci ad altre guerre. Ciò di cui abbiamo bisogno è un piano completamente diverso: una sicurezza reale, sociale, ecologica e comune per l’Europa e per il mondo. https://stoprearm.org
[di Roberta Alunni, Scuola per la Pace, StopRearmEurope]
Il 29 ottobre 2025 il Collegio Docenti del Liceo Artistico Cottini ha approvato a larghissima maggioranza la seguente mozione:
La Scuola ripudia la guerra
La barbarie bellica sembra essersi impadronita della nostra esistenza. In questo momento, nel nostro pianeta sono in atto oltre 50 conflitti, fra stati e/o fazioni civili: la guerra russo-ucraina, o quelle in Myanmar, Sudan, Siria sono solo alcune di un elenco purtroppo molto lungo.
Bombardamenti, droni killer, massacro di civili (soprattutto donne e bambini) ci vengono riproposti quotidianamente, quasi a certificarne la normalità, come se dovessimo abituarci all’indifferenza.
In Palestina, nella Striscia di Gaza e non solo, l’orrore è ancora maggiore. La popolazione è affamata, le strutture abitative distrutte per oltre il 70%, ospedali e scuole rasi al suolo, sfollamento continuo di oltre due milioni di persone. Israele parla apertamente di allontanamento di tutti i palestinesi dalla Striscia. Un progetto di pulizia etnica. Non a caso la Corte Penale Internazionale ha emesso mandati di arresto per la leadership israeliana (incluso Netanyahu e Gallant) per presunti crimini e violazioni del diritto umanitario nel conflitto a Gaza e più voci autorevoli hanno definito quello in corso nella Striscia un genocidio.
Ebbene, di fronte a tutto questo la scuola non può più tacere. Se lo facesse, abdicherebbe al proprio compito educativo, al dovere di lavorare per la pace, per l’inclusione e contro ogni forma di discriminazione e di pregiudizio.
La scuola non può rinunciare a far vivere la nostra Costituzione che, come recita l’art.11, “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.”
Per questi motivi il Collegio dei Docenti del Liceo Artistico Statale “Renato Cottini” si impegna
1) A richiedere l’esposizione della bandiera della Pace per ribadire la condanna di tutte le guerre;
2) Ad affrontare, all’interno dei programmi di studio e/o nei moduli di Educazione Civica, il tema della pace e della guerra, affinché tutti gli studenti e tutte le studentesse possano maturare conoscenze adeguate ed esprimere autonomamente le loro riflessioni;
3) A costituire un gruppo di lavoro che monitori costantemente l’evolversi del conflitto a Gaza e che organizzi due iniziative destinate alle classi quarte e quinte nel corso dell’anno.
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Ad oggi due di quegli impegni sono già stati rispettati: la bandiera palestinese svetta alta e bella dinanzi all’ingresso della scuola e il gruppo di lavoro è stato costituito e ha tenuto la sua prima riunione. Per ora è formato da una decina di persone.
Anche se sono in pensione da quest’anno, sono ugualmente stata invitata a partecipare alla riunione e a collaborare alle attività del gruppo, e ciò mi ha fatto enormemente piacere. Conto di agire in primo luogo come ponte fra La Scuola Per La Pace e il Liceo Cottini, ma anche di promuovere le attività in seno a StopRearmEurope e all’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università.
Ecco in sintesi ciò che è emerso dalla prima riunione:
– finalità e denominazione: in coerenza con la mozione approvata, favorire un orientamento dell’istituto contro la militarizzazione della scuola, contro il riarmo e le politiche belliche e a favore dell’educazione alla pace. Promuovere le iniziative riguardanti la situazione a Gaza e in Cisgiordania. Rappresentare un punto di riferimento per studenti e docenti coinvolti in attività che perseguano le medesime finalità. Abbiamo provvisoriamente denominato il gruppo ARTICOLO 11 (aggiungo che però sappiamo che nulla è più definitivo del provvisorio)
– obiettivi operativi immediati: sensibilizzazione degli studenti e dei docenti non ancora coinvolti, raccordo con il collettivo di studenti che lavora per le medesime finalità, diffusione informazioni su attività promosse da SPP, Osservatorio e StopRearm, raccolta e costruzione di materiali e mezzi di fruizione e diffusione dei medesimi, creazione di un drive che raccolga tutti i documenti utili e condivisibili con i docenti: verbali degli incontri, schede informative, materiale didattico, iniziative, buone pratiche ecc. (già operativo e contenente schede informative), predisporre sistemi di comunicazione efficaci per coordinare le attività del gruppo
Obiettivi a medio termine: riguardano le proposte per l’anno scolastico corrente 2025/26: – incontro rivolto alle classi con Antonio Mazzeo (finalità: aumento consapevolezza del problema della militarizzazione della società) – percorso sulla cultura palestinese, in particolare sulla letteratura. Presumibilmente nel periodo fine gennaio/inizio febbraio 2026; in collaborazione con associazioni palestinesi di Torino. Il percorso include lavoro in classe (lettura e analisi di brani letterari contemporanei) e eventuali incontri con esperti. Si potrà liberamente utilizzare il materiale messo a disposizione da Scuola Per la Pace – incontro a carattere storiografico sulla vicenda palestinese, con un incontro con accademico. – gruppo di lavoro sugli effetti del linguaggio bellicistico e sulla disumanizzazione dell’altro attraverso l’uso del linguaggio; da rivolgere soprattutto a studenti del biennio – iniziare un gemellaggio fra classi dell’istituto e classi di studenti europei che lavorino sugli stessi temi riguardanti conflitti e pace; lavoro a distanza che può risolversi in semplici incontri online fra le classi coinvolte, o interessare solo alcuni studenti per ciascuna classe
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Riteniamo che l’idea di costituire un gruppo di lavoro ben individuato all’interno di una scuola sia estremamente importante sia per contrastare più efficacemente la “normalizzazione” dell’idea di guerra e riarmo, sia come punto di riferimento per tutta la comunità che afferisce all’istituto (docenti, studenti, famiglie, personale ATA…), e speriamo che la nostra esperienza possa ispirare altre scuole a fare la stessa cosa.
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“L’Assemblea Scuola Torino ha condotto un’interessante inchiesta sul Progetto Net@ che si propone come PCTO in alcune scuole del Piemonte e della Lombardia con l’obiettivo di fornire social and digital skills. In realtà dietro c’è Net@, un progetto di formazione scuola lavoro israeliano che dal 2018 ha iniziato a operare all’estero. Tra i suoi principali promotori vi sono la sionista Agenzia Ebraica per Israele e il Karen Hayesod, il fondo nazionale per la costruzione d’Israele. In Italia è sostenuta dalla Fondazione Camis de Fonseca. Grazie al lavoro di indagine delle colleghe e dei colleghi, che qui pubblichiamo, avremo motivo fondato per evitare di affidare progetti di PCTO a Net@.”
Net@: da Be cool! alla propaganda israeliana dentro le nostre scuole
Dobbiamo puntare molto sulle scuole e abbiamo insegnanti giovani e carismatici che dovranno sfidare un sistema scolastico spesso molto tradizionale portando energia e innovazione.
Dafna Gaber Lifshitz, CEO di Appleseeds
Net@ a scuola si presenta come un progetto di PCTO (da poco Formazione Scuola-Lavoro) proposto agli studenti: un’opportunità imperdibile per sviluppare digital and social skills utili per la propria crescita umana, professionale e imprenditoriale. L’immagine che vogliono trasmettere è legata a un approccio innovativo, interculturale e utile a colmare diseguaglianze digitali soprattutto nelle zone economicamente e socialmente più svantaggiate. Lo scopo è diffondere competenze digital high-tech, in inglese, per studenti delle scuole superiori. Il progetto di durata pluriennale, spesso si presenta come ‘giovane’ perché, a differenza delle lezioni curricolari standard, è condotto da universitari che capiscono gli studenti e, di conseguenza, sono in grado di proporre un insegnamento molto più efficace rispetto alla scuola tradizionale.
All’interno del programma viene insegnato come creare siti web per sponsorizzare prodotti, avviare start up, parlare in pubblico, il time management, ecc. Il programma del terzo e quarto anno in particolare prevede di occuparsi anche di cybersecurity.
Tutto questo è gratuito per le famiglie perché sponsorizzato da istituti, fondazioni, associazioni private e dalle stesse scuole. Quindi un progetto per i giovani, coinvolgente dove la politica non c’entra assolutamente nulla.
O quasi.
Net@ è un progetto nato in Israele nel 2003. Lì viene pubblicizzato come un merito il fatto che chi esce dopo anni di formazione con Net@ sia in grado di rappresentare una risorsa preziosa per il mercato miliardario delle start up della cybersicurezza e delle tecnologie di guerra, focalizzate sul deep tech, anche per la necessità di dare risposta ai ‘problemi’ di ‘difesa’ e ‘sicurezza’ del paese (che questo settore rappresenti già un rischio per la nostra privacy e le nostre democrazie ce l’hanno rivelato scandali come il software “Pegasus” e lo spyware “Graphite”, spiando decine di migliaia di cittadini tra capi di stato, giornalisti e attivisti in tutto il mondo). Un altro fiore all’occhiello dei promotori di Net@ è che il 56% dei diplomati si arruola nelle unità tecnologiche d’élite dell’IDF.
Dal 2018 Net@ si è diffuso per la prima volta all’estero con un progetto pilota a Milano. La volontà espressa dagli organizzatori fin da subito è di portarlo nel resto del territorio italiano e in altri paesi. A offrire i locali e promuovere a Milano il progetto è la Comunità ebraica, la stessa che ha recentemente invitato un militare dell’IDF accusato di probabili crimini di guerra, Adi Karni, a incontrare gli studenti dei licei per racccontare che a Gaza ha visto “solo odio”, che “stiamo facendo il lavoro sporco per voi” e spiegando che “l’Islam avanza in Europa”.
Net@ è promosso e sostenuto dall’Agenzia ebraica per Israele (Sochnut), organizzazione sionista israeliana che sostiene l’ebraicità di Israele e dal Keren Hayesod, fondo nazionale di costruzione d’Israele e la centrale finanziaria del movimento sionista mondiale. Dal 1967 l’Agenzia ebraica si occupa anche delleattività dei coloni israeliani insediatisi in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza e nelle alture del Golan.
Oltre alla Jewish Agency for Israel e al Keren Hayesod, altri partner sono l’Appleseeds Academy, l’Associazione Educazione Digitale Italia, la Fondazione Camis De Fonseca e Proedi Media.
In un video pubblicato in rete la CEO di Appleseeds, Dafna Lifshitz, afferma che i finanziamenti più importanti di Net@ arrivano dalla USAID (Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale). L’USAIDè un’agenzia governativa statunitense creata nel 1961 per contrastare l’influenza dell’Unione Sovietica nel mondo. L’agenzia aveva la funzione di sostenere la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America e viene indicata come uno dei suoi strumenti di soft power. Alcuni paesi accusano l’agenzia di essere una copertura della CIA e di essere parte delle politiche di interventismo degli Stati Uniti nel mondo.
A partire dal 2019 il progetto è arrivato a Torino all’Istituto Germano Sommeiller e alla scuola ebraica. I docenti inizialmente sono Shinshinim, ovvero giovani israeliani che hanno completato la scuola superiore e rimandano di un anno il servizio militare obbligatorio per prestare servizio nelle comunità ebraiche all’estero. Il loro nome è un acronimo ebraico per “Shnat Sherut” o “anno di servizio”. Agiscono come ambasciatori culturali, portando la cultura e lo stile di vita israeliani, la lingua ebraica e le tradizioni ebraiche alle comunità locali prima di arruolarsi nell’esercito.
A maggio 2022 il Keren Hayesod decide di non continuare il programma all’estero per mancanza di risorse. L’organizzazione e la diffusione presso le scuole sono allora affidate alla Fondazione Camis de Fonseca che da quel momento le promuove a Torino. Dall’anno 2023/2024 il progetto parte anche al Liceo Monti di Chieri. La fondazione Camis De Fonseca (ora anche associazione), con lo scopo di trovare partner italiani per poter continuare il progetto, finanzia “Grow in tech” composta generalmente da giovani studenti universitari che, una volta formati in Israele e alla metodologia, possono entrare nelle classi. Recentemente sono stati coinvolti nel progetto anche Merende Digitali e ESSE I Solutions. Lo scopo è quello di creare un ‘nuovo’ progetto Net@ Italia, ‘ripulito’, ma sempre funzionale alle organizzazioni e agli obiettivi strategici originari. Questo è stato detto in modo esplicito e pubblico durante un convegno del 21 maggio 2023 organizzato nella sede della fondazione Camis De Fonseca in cui, tra gli altri passaggi significativi, viene data la parola al rappresentante del Keren Hayesod per l’Italia, Eyal Avneri, il quale dice: “Stiamo lavorando tutti insieme per continuare il progetto Net@ a Torino con formatori italiani e farò il possibile, per la parte mia, per aiutarvi a realizzarlo, mettendo i contatti con Net@ in Israele, almeno a distanza. Sarà, secondo me, una bellissima collaborazione internazionale. […] Vi auguro un in bocca al lupo e spero di vedervi tutti a novembre in Israele”.
Durante le attività capita che partecipi la fondatrice della Fondazione De Fonseca, Laura Camis De Fonseca che, sui social, condivide post dove vengono attaccati come antisemiti Papa Bergoglio, la Chiesa Cattolica e agenzie dell’ONU. Si arriva a leggere che “le organizzazioni internazionali sono peggio di una barzelletta, sono diventati organismi criminali che aiutano i jihadisti” e che “gli Stati europei e l’Europa quasi tutta, esattamente come la Chiesa, si riallacciano alle loro vergognose tradizioni antiebraiche”.
La fondazione De Fonseca si occupa di geopolitica e ha una posizione politica sul conflitto israelo-palestinese. Basta scorrere velocemente il sito per capire che è una celebrazione del progetto israeliano con una visione piuttosto parziale.
Durante l’anno scolastico vengono invitati esperti che propongono un’idea di scuola e di formazione estremamente aziendalistica e imprenditoriale. Altre attività didattiche hanno avuto anche lo scopo di dare una visione estremamente positiva di Israele come “una terra nata da sogni e speranze”, tecnologica, green e inclusiva.
Nel 2022 tra gli studenti che partecipano al progetto viene proposto un concorso dal titolo “Israele. Storia, tradizione, sostenibilità e innovazione tecnologica”. I vincitori hanno in premio un viaggio d’istruzione in Israele: visite al museo della diaspora, al Muro del pianto, alla tomba di Ben Gurion.
In conclusione, Net@ è un cavallo di Troia che promuove un’idea di scuola aziendale e imprenditoriale al servizio del mercato, valorizza ‘risorse’ per il mondo delle start up e della cybersicurezza, legato mani e piedi al genocidio di Gaza, alla pulizia etnica e alla diaspora palestinese. Forma futuri soldati d’élite nelle unità tecnologiche ed è ideato, organizzato e diffuso da organizzazioni, Istituti e fondazioni sioniste che, non solo negano o non condannano quanto sta avvenendo in Palestina da ottant’anni, ma che ne sono, spesso, direttamente coinvolti.
Forse, ancora peggio, Net@ si presenta come un’organizzazione tecnologica giovanile che, proponendo parole d’ordine accattivanti come Be your best self, Be involved, Be open-minded, Be unlimited, Be cool sta consapevolmente formando un movimento giovanile e una parte della futura leadership economica e politica, con lo scopo di renderli funzionali ai suoi obiettivi strategici e organici alla sua ideologia.
Dopo le mobilitazioni di quest’autunno per la Palestina, il governo sta per prendere provvedimenti repressivi, in particolare con il disegno di legge 1627, noto come ddl Gasparri, attualmente assegnato alla 1ª Commissione permanente (Affari Costituzionali) del Senato. Il ddl prevede pene detentive fino a sei anni per il reato di antisemitismo, che comprende la negazione “del diritto all’esistenza dello Stato di Israele” o allude alla sua distruzione. Una semplice carta geografica della Palestina su una T-shirt o lo slogan “Palestina libera dal fiume fino al mare” possono perciò diventare reati punibili penalmente. Stiamo studiando la questione e, con l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università e con Docenti per Gaza, abbiamo organizzato un primo incontro informativo pubblico il 17 novembre alle ore 18 nell’aula 37 di Palazzo Nuovo. Saranno presenti lo storico Amedeo Rossi e una esponente di Giuristi per la Palestina.
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approvato a maggioranza dal Collegio docenti del 12 novembre 2025
Il Collegio delibera di inserire nel PTOF un “codice etico”, cioè una sorta di bussola orientativa affinché le attività dell’ex Pcto, ora Formazione Scuola Lavoro, siano il più possibile aderenti ai valori della Costituzione. Questa esigenza è dettata dalla consapevolezza di attraversare una fase storica in cui i principi ispirati alla pace, alla solidarietà sociale e al rispetto del diritto internazionale sono stati pressoché stravolti. Si tratterebbe quindi di impegnare l’Istituto a: • non stipulare convenzioni con soggetti coinvolti in acclarate violazioni dei diritti umani o del diritto internazionale; • prevedere una specifica approvazione del Collegio Docenti per l’attivazione di progetti o collaborazioni con le Forze Armate, fatte salve le attività istituzionali attualmente già previste nel PTOF. Una tale proposta punta ad evitare che la nostra scuola stipuli convenzioni con aziende che producono direttamente armi o che ne siano indirettamente coinvolte. Allo stesso tempo vogliamo che la Formazione Scuola Lavoro o l’Orientamento non siano un modo per consentire ai vari corpi dell’esercito di normalizzare la professione della guerra e l’uso delle armi – dopotutto è lo stesso generale Masiello, Capo di Stato Maggiore a dirci che il Ministero della Difesa dovrebbe tornare a chiamarsi “Ministero della Guerra”. Infine riteniamo che sia necessario non entrare in collegamento con aziende di cui è riconosciuta la violazione dei diritti umani o sindacali (come nel caso di Amazon o della Coca Cola company). C’è la consapevolezza che un codice etico non ha né la forma, né la forza di un dispositivo normativo: è semplicemente una scelta morale sottoscritta collettivamente che ci invita a impegnarci nella direzione di una scuola coerente con gli obiettivi della Costituzione. Per chi sottoscrive questo documento è sicuramente un gesto di coerenza verso il significato più profondo del nostro lavoro.
Sala di Costantino, Iustitia, Raffaello, Musei Vaticani
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